di Giuseppe Tomassetti e Stefano D’Ambrosio – FIRE
Il servizio sanitario nazionale (SSN) è per l’innovazione tecnologica, per l’invecchiamento della popolazione, per le diverse scelte politiche regionali, naturalmente sottoposto ad un continuo cambiamento. L’evoluzione più evidente negli ultimi anni ha visto una razionalizzazione della rete ospedaliera con accorpamenti, riconversioni funzionali e dismissioni che ha fatto registrare, per quanto riguarda il numero una notevole riduzione delle strutture pubbliche e l’incremento delle aziende sanitarie private operanti anche grazie a convenzioni e accreditamento, secondo regole diverse in funzione della Regione di appartenenza. Il numero di posti letto degli ospedali privati accreditati rappresenta mediamente a livello nazionale il 20% di quelli disponibili nel SSN, con profonde differenze a livello regionale.
L’argomento è sempre attuale, si ripropone l’articolo FIRE di apertura del Focus “Efficienza energetica nel settore sanità” pubblicato in Gestione Energia
Gli ospedali privati accreditati hanno mediamente una dimensione ridotta rispetto alle strutture pubbliche. Circa il 90% delle strutture private ha meno di 150 posti letto, e meno del 5% ne ha più di 300. Le strutture private hanno mediamente periodi di degenza inferiore alle strutture pubbliche nel caso di ricoveri per acuti (5,3 rispetto ai 6,9), uguali nel caso di riabilitazione (25), e superiori nei casi di lungodegenti (38 rispetto a 27,4).
La sanità fra pubblica e privata, sia pur con incertezze sulla quota di sanità pubblica dedicata alle convenzioni con la privata, vale in Italia attorno ai 140 miliardi di euro, circa 8,8% del PIL. Le spese per l’energia, spesso inglobate con quelle di manutenzione e di gestione degli impianti o del tutto esternalizzate in altre forniture quali la biancheria, possono essere stimate attorno al 5% delle spese totali. Analizzarla è quindi di estrema importanza, collegandosi con le varie iniziative di riorganizzazione della spesa pubblica, cercando ogni sinergia possibile fra gestione dell’energia e gestione della spesa sanitaria, con la CONSIP e le centrali di spesa regionali.
Prima di esaminare casi specifici è utile tenere in considerazione alcuni aspetti che caratterizzano il settore sanitario.
La sanità ha tutte le caratteristiche di una attività di servizio, nonostante la complessità delle tecnologie impiegate che richiedono un’organizzazione di tipo industriale, l’importante è l’assistenza sanitaria, l’attenzione al malato e alle cure, non ci sono prodotti da realizzare ma persone che entrano con malattie e si spera escano risanate. In contesti ospedalieri è quindi fondamentale il rispetto dei vincoli normativi (ricambi d’aria, continuità di servizio, ridondanze tecnologiche), la sicurezza gioca un ruolo determinante.
In questi contesti si lavora h24 e 365 giorni l’anno e non è sempre possibile programmare le attività (es. numero di ricoveri o pronto soccorso). Alcuni ospedali, per le loro dimensioni e complessità, possono essere paragonate a delle città con 30.000 abitanti o più che svolgono attività differenti (studenti universitari, pazienti, professionisti vari). In contesti come questo per raggiungere obiettivi di risparmio energetico è fondamentale il coinvolgimento di tutti i soggetti presenti.
Un classico esempio di mancato raccordo fra regolazione degli impianti tesa a garantire la fornitura e esigenze di benessere locale degli occupanti è rappresentato dagli utenti che spinti dalle alte temperature interne aprono le finestre.
Gli edifici sono per la maggior parte datati, costruiti in epoca in assenza di vincoli normativi stringenti e di attenzione alle tematiche di risparmio energetico. Gli edifici ospedalieri, un tempo di carattere monumentale e realizzati per durare a lungo, mal si adattano alla continua evoluzione delle tecnologie e dell’organizzazione che li rendono rapidamente obsoleti come succede agli edifici industriali. Secondo le situazioni e le condizioni generali, il sistema sanitario risponde a questa esigenza sia con la chiusura dei vecchi edifici e la realizzazione in periferia di nuove strutture sia con lavori di ammodernamento dei vecchi complessi, lavori altrettanto costosi e spesso insufficienti, basti pensare ai parcheggi. Ci sono molti contesti ospedalieri con un ampliamento delle strutture avvenuto nel corso degli anni, magari partendo da strutture a padiglioni, dove è inevitabile che la tematica energetica sia non ottimizzata. Un altro caso può essere rappresentato dalla gestione delle sale operatorie distribuite sui vari reparti e non centralizzate (piastra operatoria), soluzione che consente, al momento, una maggiore efficienza sia energetica che gestionale.
All’interno delle strutture sanitarie possono svolgersi attività molto diverse tra loro, che hanno influenze differenti sui consumi energetici: come ad esempio ambulatori, riabilitazione con palestre e piscine, degenze, camere mortuarie, ricovero e assistenza sanitaria per anziani, polo didattico (università), pronto soccorso, e in taluni casi anche residenza per religiosi (es. fondazioni ecclesiastiche).
Nel passato le strutture ospedaliere erano strutturate per essere autosufficienti, anche con rifornimenti alimentari provenienti dai propri terreni, esse erano delle grandi tecnostrutture cittadine. Progressivamente l’evoluzione, sia organizzativa dalle IPAB alle ASL, sia tecnologica ha portato le strutture sanitarie a concentrarsi nelle attività di cura, esternalizzando fasi e funzioni prima integrate. I primi servizi ad essere esternalizzati sono stati i più semplici come la lavanderia, la preparazione dei cibi, la pulizia degli edifici, il giardinaggio, la sorveglianza, per passare poi alla gestione della biancheria, alla manutenzione delle opere edili, alla manutenzione degli impianti idraulici e elettici, alla gestione delle centrali termiche, alla gestione dei gas tecnici fino alla gestione della sterilizzazione e fornitura degli strumenti chirurgici. L’esternalizzazione risponde ad evidenti necessità di semplificazione gestionale, occorre però evitare che si perdano sia possibilità di sinergie tecniche, quali l’uso del calore recuperato da impianti di cogenerazione, sia le competenze, sui processi produttivi che permettano di seguire lo sviluppo delle tecnologie, di preparare i bandi di gara e di controllare la qualità ed i costi delle prestazioni fornite.
L’energy manager nella sanità
La FIRE su incarico del MISE gestisce le nomine dell’Energy manager, in base alla legge 10/91. Nel caso di aziende pubbliche o private del settore terziario-civile, l’obbligo di nomina di un responsabile per l’uso razionale dell’energia si ha quando i consumi annuali superano i 1.000 tep. Per il 2016 risultano nel settore sanitario 108 soggetti nominati. Il dato più significativo è che circa il 10% di questi soggetti ha un consumo di oltre 10.000 tep/anno, e il 50% ha oltre 5.000 tep/anno.
La figura dell’energy manager in queste strutture complesse a forte consumo energetico diventa di importanza sempre maggiore, al fine di garantire costantemente il comfort degli occupanti cercando di ridurre al minimo la spesa energetica e i costi di manutenzione degli impianti.
La diagnosi energetica resasi obbligatoria per soggetti privati con il D.lgs 102/2014, recepimento della direttiva europea 2012/27/EU sull’efficienza energetica, dovrebbe essere considerata una opportunità per l’analisi dei consumi energetici delle proprie strutture e la pianificazione di interventi utili alla riduzione degli stessi.
Il primo passo è la conoscenza dei consumi energetici della struttura per area e per vettore energetico. A tal proposito sarebbe molto utile installare strumenti di misura o prevedere campagne di misura ad hoc che diano un’attendibilità maggiore rispetto alle stime, sulla ripartizione dei consumi energetici.
L’ENEA, vista l’importanza che tale settore ricopre a livello nazionale e visto l’interesse da parte dei soggetti direttamente interessati (ESCo, Energy manager e aziende sanitarie), ha deciso di aprire un tavolo tecnico sulle diagnosi energetiche nel settore, per definire le problematiche, le linee guide per la realizzazione delle prossime diagnosi con una standardizzazione dei rapporti e dei fogli di Excel di raccolta dati, tale da permettere un analisi semplificata e una corretta comparazione degli stessi. Il tema degli indicatori energetici da considerare risulta di primario interesse. La scelta dell’indicatore energetico può variare negli anni; anche nel caso degli ospedali si nota un’evoluzione significativa. Un esempio è il posto letto, in alcuni contesti il rapporto tep/posto letto non è molto significativo considerando l’aumento delle attività in day-hospital e ambulatoriali, e la riduzione della permanenza media dei pazienti nelle strutture. In tali casi potrebbe essere più utile un indicatore energetiche sulle prestazioni sanitarie svolte.
Altro punto nodale è la gestione degli impianti termici effettuata da soggetti terzi, ditte esterne che, anche per la breve durata dei contratti non hanno particolare interesse alla riduzione dei consumi e ci si trova ad avere il problema di frequenti cambi dei manutentori senza avere più una memoria storica degli impianti e della loro risposta alle richieste, condizioni indispensabili per una gestione efficiente.
Tra aziende pubbliche e private c’è una forte differenza nella gestione dell’energia e degli impianti. Le problematiche sono le stesse ma gli obiettivi differenti. Nel contesto privato gioca un ruolo fondamentale il fatturato annuo, nel quadro dell’accreditamento al servizio sanitario nazionale per l’ottenimento di un rimborso da parte della Regione, per cui la proprietà è direttamente interessata alla riduzione dei costi investendo risorse proprie o tramite ESCo, ove economicamente conveniente, per il miglioramento delle prestazioni. Nel contesto della sanità pubblica l’attenzione della direzione della struttura è concentrata sulle prestazioni del servizio e sulla sicurezza, pertanto i contratti di fornitura rispondono a schemi impostati e decisi a livello regionale, sui quali è difficile operare a livello locale. Il tema dell’efficienza energetica appare così molto rilevante al momento delle scelte su nuovi edifici o su ristrutturazioni significative, con realizzazioni molto innovative, ma molto meno nella gestione dell’esistente.
La building automation e la gestione da remoto riveste quindi un ruolo sempre maggiore in contesti come questo. È però necessario che parallelamente alla crescita di competenze dell’offerta crescano anche le competenze e le possibilità pratiche gestionali dal lato della domanda, altrimenti sarà difficile ottenere tutti i risultati attesi e promessi.