di Dario Di Santo
È stato pubblicato l’11 luglio in Gazzetta ufficiale il D.M. 10 maggio 2018, che introduce le modifiche alle linee guida sui certificati bianchi pubblicate lo scorso anno, necessarie per fare fronte al tumultuoso aumento dei prezzi del mercato e alla crisi dell’offerta, aggravata dal fenomeno delle truffe sui progetti standardizzati.
L’articolo di Dario Di Santo pubblicato su Quotidiano Energia
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Il 2017 resterà alla storia come un anno nero per il principale schema dedicato al supporto dell’efficienza energetica. Già le regole introdotte dal D.M. 11 gennaio 2017 apparivano estremamente restrittive sul fronte dell’addizionalità (ossia la quota di risparmi che non si sarebbero ottenuti nello scenario business as usual), dell’individuazione dei consumi energetici di riferimento e dei progetti ammissibili. Elementi che facevano presagire difficoltà nel generare TEE su nuovi progetti. Il tutto in un quadro già segnato da un mercato corto e da un obbligo effettivo praticamente raddoppiato dai 5,8 milioni di TEE residuali legati ai mancati adempimenti degli anni precedenti.
Le truffe scoperte a cavallo dell’estate hanno dato il colpo di grazie, togliendo dal mercato 600 mila TEE legati alle frodi e altri 700 mila all’avvio di controlli più stringenti da parte del GSE secondo quanto indicato a marzo nella relazione di accompagnamento alla bozza di decreto predisposta dal MiSE. Un dato destinato presumibilmente a salire, viste le procedure di annullamento – con successiva richiesta di rimborso delle somme percepite dall’avvio dello schema – che il GSE sta producendo negli ultimi mesi in collaborazione con alcune Procure e la Guardia di Finanza sulle schede standard più problematiche.
L’imprevisto calo di certificati, verificatosi in ragione del malaffare a partire dall’ultimo trimestre 2017, ha fatto saltare le previsioni sull’offerta e portato il prezzo dei TEE a oltre 480 euro, ponendo problemi seri sia per il costo complessivo dello schema, collegato al valore del prezzo medio pesato, sia per il costo efficacia dello stesso, considerando che di questi prezzi beneficiano anche i progetti già presentati, che evidentemente non ne hanno bisogno.
Proseguire senza interventi legislativi avrebbe significato l’instaurarsi di condizioni insostenibili, per cui un’azione del MiSE era indispensabile. Le novità introdotte dal decreto correttivo si possono riassumere nei punti seguenti.
Viene eliminata l’addizionalità per gli interventi di sostituzione, facendo coincidere il consumo di baseline con il consumo ex-ante. Ciò dovrebbe ridurre le problematiche in sede di valutazione, eliminare una delle principali cause di contenzioso e incrementare i TEE emessi a parità di progetto, favorendo la generazione di certificati. Vengono inoltre aggiunte alcune tipologie di interventi ammissibili, in particolare per il settore industriale. Entrambe le misure porteranno un beneficio lato offerta, ma i risultati cominceranno a vedersi più che altro dal 2019 a causa dei tempi richiesti per le misure di consumi ex-anteed ex-post, per quanto le disposizioni del decreto si applichino anche ai progetti presentati con le regole del D.M. 11 gennaio 2017, transitorio delle precedenti linee guida escluso.
Nel provvedimento si specifica che le fonti rinnovabili termiche sono ammissibili per la sola parte di incremento dell’efficienza energetica e di risparmio di energia non rinnovabile e vengono emanate le prime otto schede standard collegate alle linee guida 2017. Queste si riferiscono all’illuminazione a led stradale e di interni, ai motori elettrici e all’aria compressa, all’acquisto di flotte di veicoli ibridi ed elettrici, al sistema propulsivo delle navi e alla bolletta “smart”, come misura comportamentale. Va ricordato che le nuove schede standard non prevedono semplificazioni drastiche rispetto ai progetti a consuntivo come avveniva nel passato, ma consentono di limitare le misure a una parte degli interventi realizzati, risultando interessanti laddove il costo del monitoraggio risulti elevato.
Un chiarimento importante è quello sulla cumulabilità, che reintroduce super e iper ammortamento, e in generale ogni forma di detassazione del reddito di impresa per l’acquisto di macchinari e attrezzature, prevedendo una decurtazione di TEE del 50%.
Sul fronte degli obblighi si rimanda a dicembre 2019 l’eventuale modifica mediante decreto, e si riporta a due anni il periodo disponibile per recuperare gli obblighi residui, ossia quelli non soddisfatti in precedenza dai distributori sfruttando la flessibilità sul 40% del target. Questo darà più tempo per ridurre la cospicua rimanenza degli anni passati. I distributori potranno inoltre usufruire della possibilità di richiedere al GSE di emettere titoli non corrispondenti a risparmi energetici. Questi TEE non energetici servono ad evitare che i distributori si trovino sottoposti a sanzione nell’impossibilità di reperire sufficienti certificati sul mercato. Si tratta della misura più criticata del provvedimento, che il MiSE ha preferito all’alternativa di intervenire sugli obblighi. La versione finale del decreto correttivo definisce meglio e migliora le condizioni al contorno, ossia i limiti di accesso temporali, economici e quantitativi a questa opportunità. In particolare precisa che questi TEE non hanno diritto al contributo in tariffa e pone maggiori paletti in merito alle pre-condizioni per ottenerli ed eventualmente riscattarli.
L’ultimo aspetto definito dal D.M. 10 maggio 2018 riguarda il calmieramento dei prezzi dei TEE. Viene confermato il limite a 250 euro/TEE per il contributo tariffario dal 1 giugno 2018 e si precisa che il contributo stesso verrà calcolato considerando gli scambi bilaterali, se inferiori a tale soglia. Vengono inoltre richieste informazioni societarie dettagliate agli operatori del mercato GME, in ottica di contrasto truffe.
Dunque il decreto correttivo conferma quanto comunicato a ridosso della Conferenza Stato-Regioni, con qualche significativa e interessante aggiunta. Le misure previste consentiranno di navigare nelle attuali acque perigliose senza naufragare, ma sarà presumibilmente necessario intervenire nuovamente per garantire che lo schema mantenga un livello di costo efficacia accettabile. Una possibilità resa complicata dagli sviluppi delle verifiche post-truffe che il GSE sta attuando per contrastare il fenomeno. A tale proposito conviene considerare i possibili effetti del contenzioso che si andrà a generare presso il TAR e il Consiglio di Stato. Gli esiti giudiziari potrebbero anche rimettere in gioco una parte dei TEE al momento desaparecidos. Questo è forse l’aspetto più difficile da gestire, vista l’entità del fenomeno. E che comunque rischia di lasciare strascichi economici e sociali pesanti e di fare uscire tutti perdenti.
Sono molti gli interrogativi che si generano sulla capacità di questo Paese di amministrare le proprie risorse e di non lasciare che il malaffare prevalga sulle tante persone oneste, producendo un carico burocratico e di controllo difficile da conciliare con una produzione efficiente di beni e servizi. Le Istituzioni devono fare la propria parte, ma anche gli imprenditori e i cittadini devono trovare il modo di cambiare questo perverso modus operandi: senza senso dello Stato e della Cosa pubblica si finisce per stare tutti peggio.
A prescindere dagli esiti del contenzioso citato, confidiamo che il MiSE possa trovare una quadra per rimettere in carreggiata il meccanismo dei certificati bianchi – anche perché qui non si parla solo di uno schema di incentivazione, ma anche di obbligo, mirato a conseguire una parte consistente dei risparmi richiesti dalla direttiva 2012/27/UE – e che i futuri vertici del GSE vengano scelti con cognizione di causa, visto il compito arduo con cui dovranno confrontarsi.