di Livio De Chicchis e Dario Di Santo
Come ogni anno, la presentazione del Rapporto energy manager è l’occasione per diffondere, oltre a dati e statistiche sulle nomine pervenute nell’anno precedente, i risultati dell’indagine che la FIRE realizza presso i responsabili nominati e il cui focus varia da un’edizione all’altra. Quest’anno la tematica scelta è stata l’evoluzione del ruolo dell’energy manager, in un’indagine che costituisce il follow-up di quella realizzata cinque anni fa.
Cosa è emerso?
Un altro trend evidente è l’aumento di coloro i quali non hanno a disposizione un budget dedicato all’efficienza energetica, percentuale pari all’80% e in crescita di nove punti rispetto al 2015. Vale la pena sottolineare che questo non rappresenta di per sé un aspetto negativo, ma è opportuno considerare quali sono le altre aree che competono all’assegnazione del budget (es. investimenti più generali per ambiente e sostenibilità, piuttosto che interventi afferenti al solo processo produttivo).
L’altro lato della medaglia è l’aumento del numero di energy manager che lamenta problemi di comunicazione all’interno dell’azienda, cresciuto di otto punti percentuali rispetto a cinque anni fa. Una soluzione potenzialmente efficace a questa problematica è l’adozione di un sistema di gestione dell’energia (i.e. ISO 50001), per inserire l’uso dell’energia in un processo di miglioramento continuo e garantire una forte attenzione da parte del top management e una maggiore collaborazione fra le diverse funzioni aziendali. Un altro strumento utile è la valutazione dei benefici multipli dell’efficienza energetica, che permette di porre in relazione energia e core business all’interno di un’organizzazione e di stimolare il confronto tra le varie funzioni aziendali prima citato. Su questo tema si sta affermando una sensibilità diffusa e hanno iniziato ad essere sviluppate metodologie di valutazione (e.g. quella proposta da FIRE nell’ambito del progetto M-Benefits), come dimostrato dal 75% di rispondenti che stanno valutando questi aspetti o hanno in programma di farlo nel prossimo futuro. Si tratta di un’analisi molto importante, per contrastare le difficoltà che gli investimenti in efficienza energetica nell’industria troveranno nel tempo in ragione dello sfruttamento progressivo delle soluzioni più interessanti, della diffusione della generazione distribuita e della variazione della struttura tariffaria dell’energia elettrica.
Per completare il quadro generale, va sottolineato come circa un terzo degli energy manager continui ad operare senza obiettivi aziendali definiti benché, tra coloro i quali ne hanno in capo, sia salita la quota dei target definiti rispetto a indicatori energetici rispetto a quelli economici, a conferma di una maggiore attenzione all’uso razionale dell’energia anche svincolata dai meri ritorni economici. Una tematica su cui è bene tenere i fari puntati è quella degli incentivi. Rispetto al 2015 è leggermente aumentata la percentuale di soggetti che ne ha fatto uso, e all’atteso dimezzamento dei certificati bianchi si è opposta la crescita degli altri schemi quali conto termico e strumenti del piano Impresa 4.0. Ai fini della realizzazione dell’intervento è emerso che l’incentivo è stato discriminante in cir- ca un terzo dei casi, in aumento se confrontato con cinque anni fa. Ciò è in linea con quanto affermato sopra circa la necessità di un supporto crescente agli investimenti in questo settore, in parte attraverso strumenti come l’analisi multi benefici, in parte con politiche di supporto efficaci e funzionanti, a partire dal rilancio dei certificati bianchi.
Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, a fronte della ormai tristemente nota inadempienza generale, emergono segnali confortanti da coloro i quali hanno risposto all’indagine. Tra le azioni intraprese, sono cresciute in modo sostanziale tutte le voci (eliminazione degli sprechi, diffusione di buone pratiche, etc.) rispetto all’indagine precedente, così come sono risultati in crescita la partecipazione al patto dei Sindaci e l’utilizzo di contratti EPC, segno positivo di una maggiore attività sui temi dell’uso razionale dell’energia da parte delle amministrazioni che hanno provveduto a dotarsi di un energy manager.
Una menzione a parte la merita l’importanza dell’aggiornamento professionale evidenziata dagli energy manager: l’80% ha seguito corsi di formazione nell’ultimo anno (in particolare inerenti a normativa e tecnologie). Quello della formazione è per FIRE un aspetto fondamentale; una buona fetta di attività della Federazione è destinata proprio all’aggiornamento dei professionisti ed alla creazione di un’ academy che tiene conto delle richieste del mercato del lavoro.
Per concludere, vale la pena evidenziare come lo scorso anno le nomine degli energy manager siano nuovamente risultate in crescita, sia da parte dei soggetti obbligati (saliti a 1.633, +11% in sei anni), sia di quelli volontari (arrivati a 2.391, con un +14% nello stesso periodo). Aumentano inoltre gli energy manager nominati con certificazione EGE e l’adozione di sistemi di gestione dell’energia da parte delle organizzazioni nominanti. Fra le note meno positive il permanere delle nomine femminili intorno all’8%, tra l’altro con un inquadramento medio più basso della media generale, e il già evidenziato alto tasso di inadempienza della pubblica amministrazione ad ogni livello.