L’autoconsumo entro i 10 km: quadro normativo

Alessandro Bacchetti, Amministratore Betasint

Carlo Olivo, Energy manager Betasint ed EGE SECEM

Le  politiche comunitarie e nazionali si muovono oggi con l’obiettivo di garantire, per il prossimo futuro, un nuovo bilancio energetico e stabilire nuove priorità. In questa direzione va vista la riforma dell’art. 30 del D.L. 199/2021 così come modificato dalla L. 27 aprile 2022 n. 34.

Nel decreto viene introdotto l’autoconsumo entro i 10 km.

Questo articolo anticipa il focus La diffusione del fotovoltaico nelle imprese che sarà pubblicato a breve nel numero in uscita di Gestione Energia 3/2022.

Intanto, buona lettura!

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L’approvvigionamento energetico rappresenta uno dei temi più strategici per la crescita economica di un Paese, tant’è che il consumo di energia rappresenta uno degli indicatori dei fattori di crescita.

Oggi è sotto gli occhi di tutti, prima con la pandemia e ora con il conflitto Russia-Ucraina che, dal punto di vista economico è diventato un conflitto globale, come garantire la disponibilità del vettore energetico nel modo più prossimo alla localizzazione della domanda rappresenti una garanzia di stabilità e un fattore di crescita.

In questo contesto le politiche comunitarie e nazionali si muovono al fine di garantire, per il prossimo futuro, un nuovo bilancio energetico, stabilire nuove priorità e, in questa direzione, va vista la riforma dell’art. 30 del D.L. 199/2021 così come modificato dalla L. 27 aprile 2022 n. 34.

Nel decreto viene finalmente introdotto l’autoconsumo entro i 10 km.

Si aprono nuovi scenari, ancora non del tutto approfonditi. Per esempio, l’impianto di produzione, destinato all’autoconsumo può:

  • essere localizzato entro 10 km dal POD;
  • sfruttare la rete del distributore e non più essere una connessione diretta;
  • alimentare gruppi di autoconsumatori (ad esempio condomini);
  • in determinati casi essere di proprietà di un soggetto diverso dall’autoconsumatore;
  • alimentare CER (Comunità Energetiche Rinnovabili).

Ciò che appare oggi come un semplice articolo di un decreto legislativo può essere, a parere di chi scrive, l’avvio di un ammodernamento sociale che passa per:

  • una riorganizzazione urbanistica dei territori, dove apposite aree anche non edificabili, potrebbero essere dedicate allo sfruttamento della risorsa solare;
  • la possibilità di ammodernare la rete di distribuzione locale attraverso una produzione distribuita e non puntuale;
  • la possibilità di creare, unitamente ai centri di produzione energetica, anche aree di stoccaggio di energia elettrica.

Andando con ordine è evidente che:

  • la possibilità di realizzare impianti destinati all’autoconsumo entro 10 km consente anche, se visto su scala territoriale, di ripensare urbanisticamente i comuni, con standard urbanistici di autoproduzione energetica. In tal modo si creerebbe nuovo valore, nuovo interesse per le superfici inedificate e non diversamente utilizzabili, oggi abbandonate ed esposte al rischio di incendi.
  • la possibilità di sfruttare le aree comuni dei Consorzi Artigianali, che possono aggiungere valore agli immobili e garantire maggiore competitività alla Comunità Energetica che condivide l’energia prodotta dall’impianto ivi realizzato;
  • peraltro, la realizzazione di unità di produzione così concepite, diffuse sul territorio, portano ad un naturale ammodernamento della rete di distribuzione che oggi è carente in notevoli porzioni di territorio nazionale e prevalentemente nelle regioni del Sud.
  • la produzione distribuita, favorendo l’utilizzo della rete di distribuzione pubblica, invece della connessione diretta, avvia un processo di crescita e di adeguamento che oggi appare indispensabile anche rivolta alla riduzione dei costi.
  • per quanto detto sopra appaiono inevitabili effetti positivi sulla formazione del prezzo della materia prima energetica, diffusa, disponibile e meno dipendente da fattori terzi.
  • infine, potrebbe contribuire alla soluzione di uno dei temi cruciali attraverso la realizzazione di accumuli di rete finalizzati all’equilibrio dei parametri di funzionamento della rete elettrica con riduzione dell’impiego di centrali a fonti fossili.

Dal punto di vista operativo l’impianto può essere di proprietà di un terzo; ciò apre possibili scenari che in un futuro, ancora remoto, possono davvero rivoluzionare il mercato energetico attraverso una gestione diffusa della produzione maggiormente legata al fabbisogno territoriale capace di creare un rapporto più diretto tra produttore e consumatore ancorché gestita da una rete di distribuzione collettiva.

Anche la stabilità delle reti ne potrebbe giovare attraverso la realizzazione di sistemi di accumulo.

Ecco come l’autoconsumo entro 10 km può diventare un nuovo modello energetico, molto più democratico e vicino al cittadino, con effetti positivi sulla nuova forma di povertà relativa ai soggetti in condizioni di povertà energetica e soprattutto attraverso la capacità di un territorio di pianificare il suo fabbisogno e la sua capacità produttiva.

È forse prematuro, ma è probabile che una piccola modifica normativa possa realmente rivoluzionare il paradigma energetico con cui fino ad oggi ci siamo confrontati.

Cosa è possibile fare oggi?

Un esempio è quello delle aree artigianali che, trovandosi spesso in prossimità di centri abitati, possono ospitare impianti fotovoltaici in regime di CER.

I consorzi artigianali possono quindi instaurare un partenariato con il Comune di appartenenza e utilizzare le aree ormai di proprietà, unitamente alle aree in concessione o ancora nella piena titolarità del Comune.

Lo sfruttamento di tali aree consente di garantire una condivisione di energia per le famiglie in prossimità della CER, soprattutto in fasce orarie complementari a quelle produttive, godendo di qualche beneficio economico, ma certamente con un minor apporto di fonti fossili e traguardando un costo dell’energia sempre meno dipendente dalle fonti non rinnovabili.

Oggi, nonostante le modifiche normative, fintanto che non verranno pubblicati i nuovi incentivi dal MiSE, le CER potranno essere incentivate nel limite della potenza di 200 kWp per impianto e nell’ambito della cabina di MT secondaria.

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