di Valentina Bini e Daniele Forni
Qualche mese fa il Coordinamento Free ha promosso l’approfondimento di alcune tematiche legate alla transizione ecologica e alle opportunità derivanti dall’applicazione delle misure del PNRR. Dei 7 position paper, quello dedicato alla mobilità sostenibile, cui FIRE ha contribuito, fornisce un’analisi di dettaglio sull’impiego dei tre principali vettori energetici, elettrico, gas e idrogeno, nel settore della mobilità e dell’intralogistica.
Contrariamente a quanto sta avvenendo per i settori energetico, industriale, agricolo e residenziale-commerciale dove si registra una riduzione progressiva delle emissioni di gas serra, nel settore dei trasporti accade l’esatto contrario. Le cause sono molteplici: la crescita dei veicoli circolanti, nuovi mezzi sempre più pesanti, la forte espansione del settore della logistica, trainata dall’e-commerce e dalla necessità di eseguire consegne in tempi rapidi.
FIRE ha contribuito soprattutto nella sezione dedicata all’intralogistica, settore precursore nell’uso dei veicoli elettrici a batteria, ma in cui sono presenti tutte le soluzioni, dal termico all’ibrido, e i vettori energetici: elettricità, GPL, gasolio, gas naturale e idrogeno.
Fino al 2019, secondo l’analisi dei dati AISEM-ASCOMAC e ACI i carrelli frontali elettrici erano più numerosi rispetto ai veicoli elettrici su strada.
I carrelli elevatori elettrici sono utilizzati soprattutto in ambienti chiusi, dove c’è la necessità di ridurre le emissioni; gli spostamenti avvengono in aree contenute, non sono richieste velocità elevate e hanno bisogno di contrappesi per evitare il ribaltamento, quindi il peso delle batterie è un’opportunità e non un problema. Questi fattori fanno si che fino a oggi le batterie più diffuse siano quelle al piombo. Non vi è una grande penetrazione delle batterie al litio, ma la presenza potrebbe aumentare sfruttando la seconda vita delle batterie dei veicoli stradali, come qualche casa automobilistica ha già fatto nei propri stabilimenti.
Nei carrelli elevatori il sistema di carica ha un ruolo fondamentale nella velocità ed efficienza di carica e nella durata delle batterie. Il sistema di ricarica è solitamente esterno, quindi facilmente aggiornabile con sistemi più efficienti, al contrario di quello che accade per i veicoli stradali, in cui il caricatore a corrente alternata (AC) è a bordo del veicolo e la colonnina AC è solo un’interfaccia, che non ha influenza sull’efficienza della ricarica, a parte per i consumi interni in funzionamento e in standby. Mentre in uno stabilimento il numero limitato di sistemi di ricarica rende lo standby trascurabile, la cumulata a livello nazionale dei sistemi di ricarica per i veicoli stradali non lo è: da 300[1] a 400 GWh/anno nel 2030. Nelle autovetture i caricatori sono installati a bordo – tipicamente ottimizzati considerando il contenimento di pesi, dimensioni e costi di produzione – e risultano difficili da sostituire e da caratterizzare senza manometterli. Le case automobilistiche non forniscono i valori di efficienza media e neppure alle diverse potenze cui possono lavorare, ma in alcune prove di laboratori indipendenti[2] sono risultate differenze di efficienza dal 4% a quasi il 30% tra diversi livelli di potenza. I suddetti dati di efficienza del caricatore alle differenti potenze sono fondamentali per decidere le strategie per ridurre la domanda (ridurre i carichi assorbiti dai mezzi in carica o interrompere una parte delle ricariche) e per valutare correttamente la convenienza economica ed energetica di un veicolo.
Efficienza di ricarica e ridotto assorbimento in standby potrebbero essere affrontati in tempi brevi con la predisposizione di un codice di condotta, come fatto dal JRC nel caso degli UPS (settore degli UPS nel quale tra l’altro l’Italia ha saputo eccellere in termini di efficienza). L’attenzione all’efficienza dei caricatori AC potrebbe diventare elemento qualificante e competitivo per l’industria nazionale, importante fornitrice di componenti per i veicoli dell’intralogistica, stradali e per la loro ricarica.
Prospettive al 2030: la sostituzione del modulo batterie con un modulo contenente celle a combustibile è abbastanza semplice, ma la sua diffusione è vincolata dalla penetrazione dell’idrogeno nelle imprese e dalla riduzione dei costi. Similmente si potrebbe sostituire facilmente il modulo batterie con batterie a flusso, con lo stesso elettrolita liquido che potrebbe essere utilizzato per un accumulo stazionario di maggiori dimensioni.
Lo studio è scaricabile qui in versione sfogliabile.
[1] ARERA aprile 2021
[2] Technical University of Denmark e Idaho National Laboratory