di Dario Di Santo
L’efficienza energetica, combinata con l’adozione di fonti rinnovabili, rappresenta lo strumento principale per ridurre le bollette delle amministrazioni pubbliche e contenere le emissioni di gas climalteranti. Il contrasto al cambiamento climatico, insieme alla riduzione dell’esposizione ai prezzi di elettricità e combustibili e alla garanzia dei vari servizi essenziali fondati sull’uso dell’energia – quali comfort, salute, sicurezza, acqua, beni di prima necessità, mobilità, etc. – sono fra le principali ragioni per cui un’amministrazione dovrebbe intervenire migliorando l’uso di questa risorsa.
L’amministrazione pubblica gioca tra l’altro un ruolo fondamentale in tale percorso, in quanto unisce un ruolo privatistico (la gestione del proprio parco immobiliare e delle proprie utenze tecniche) e uno pubblico (pianificazione e regolazione a livello territoriale, informazione e ruolo esemplare, gestione delle risorse per la promozione della green economy e per il contrasto alla povertà energetica). Purtroppo nel 2021 hanno nominato solo 7 Regioni, 20 province, 37 comuni capoluogo, 6 città metropolitane e 44 comuni non capoluogo (dovrebbero essere dalle 5 alle 10 volte di più!). Anzi, le nomine si sono rivelate in diminuzione rispetto all’anno precedente. Questo articolo è dedicato proprio all’energy manager che manca dove ce ne sarebbe più bisogno.
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L’efficienza energetica consente di ridurre la spesa energetica in modo strutturale, con opportunità di riduzione che possono stimarsi fra il 20% e il 40% dei costi energetici di un ente locale. L’uso razionale dell’energia porta inoltre con sé un’alta intensità occupazionale (coinvolge produttori di tecnologie, società di servizi, installatori e manutentori, progettisti e studi tecnici), contiene la dipendenza dall’estero e diminuisce i rischi sulle forniture, produce un sentimento positivo fra cittadini e imprese. Promuoverla è dunque una priorità che va oltre l’attuale (e si teme duratura) congiuntura sfavorevole dei prezzi.
Nel tempo diverse amministrazioni hanno adottato politiche e azioni positive nei confronti del territorio che, unite alle scelte comunitarie e nazionali, hanno favorito una crescita del mercato. Molto meno è invece stato fatto per riqualificare il parco immobiliare pubblico, come conferma l’insufficiente presenza di energy manager nominati ai sensi della legge 10/1991 (un obbligo per buona parte degli enti sopra i 10.000 abitanti e per molte amministrazioni centrali). I dati FIRE, che gestisce la banca dati delle nomine degli energy manager dal 1992 su incarico di quello che oggi è il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, sono impietosi: nel 2021 hanno nominato solo 7 Regioni, 20 province, 37 comuni capoluogo, 6 città metropolitane e 44 comuni non capoluogo (dovrebbero essere dalle 5 alle 10 volte di più!). Anzi, le nomine si sono rivelate in diminuzione rispetto all’anno precedente, fatto che potrebbe essere parzialmente spiegato con la riduzione dei consumi legati alla pandemia, ma che non è positivo, tanto più che l’energy manager può essere nominato anche da soggetti non obbligati. Non stupisce dunque che anche i sistemi di gestione dell’energia certificati ISO 50001 siano poco diffusi nella P.A. e che tanti enti si siano trovati in grande difficoltà di fronte al caro energia.
Le ragioni di questa risposta parziale della P.A. sono diverse. C’è senza dubbio un problema di risorse di personale insufficienti in molti enti, aggravato dalla complessità e difficoltà di interpretazione della normativa nazionale, ma molto dipende anche dalla sensibilità, dalla conoscenza e dall’uso degli strumenti disponibili. La direttiva sull’efficienza energetica – recepita con il D.Lgs. 102/2014 e corredata da diversi strumenti di accompagnamento – fra cui si possono ricordare gli incentivi, i contratti EPC, le diagnosi energetiche, la qualificazione degli operatori, la disponibilità di dati di consumo e la normativa tecnica estesa a numerosi aspetti – ha semplificato l’azione, creando un quadro di riferimento funzionale allo scopo. Negli ultimi mesi, inoltre, sono stati introdotti provvedimenti che hanno ampliato e facilitato la possibilità di realizzare impianti a fonti rinnovabili, sia direttamente, sia tramite contratti di fornitura come i Power purchase agreements (PPA), sia infine mediante comunità energetiche.
Dunque gli strumenti ci sono. Rimane però il limite delle persone in grado di definire una strategia e un piano di azione per l’efficienza energetica e le rinnovabili e di quelle deputate a scrivere le gare per la riqualificazione del parco immobiliare e delle infrastrutture tecniche gestite direttamente dagli enti (illuminazione pubblica sicuramente, ma anche centrali di pompaggio e acquedotti, depuratori, etc.).
Il punto di partenza dovrebbe essere l’individuazione di un dirigente responsabile per la l’uso razionale dell’energia, che abbia obiettivi definiti in tal senso e bonus collegati ai risultati raggiunti. Non è indispensabile che sia un esperto di settore, in quanto è sempre possibile affiancargli in tale ruolo un tecnico dell’amministrazione o un esperto in gestione dell’energia (EGE) certificato secondo la norma UNI CEI 11339 da un organismo accreditato. Potrà dunque essere nominato energy manager o il dirigente o l’esperto; questo approccio garantisce che sia avviata un’azione efficace volta a un uso migliore dell’energia. Passo successivo, in grado di portare risultati più consistenti e continuativi, è l’adozione di un sistema di gestione dell’energia, o diretta (certificazione ISO 50001) o per passi successivi (ISO 50005, che ha il vantaggio di consentire un’adozione per gradi e con spesa distribuita negli anni). Si segnala anche la nuova norma ISO 50009, che consente di realizzare un sistema di gestione dell’energia a livello territoriale, ad esempio consorziando più comuni nell’ambito di una provincia o di un’area opportunamente identificata, con possibilità di sfruttare le relative economie di scala e di condividere di esperti energetici e azioni per il risparmio energetico e la generazione di energia, ad esempio tramite comunità energetiche.
Purtroppo le rivoluzioni e le transizioni non si fanno senza le persone. Quindi o si investe nell’incrementare il numero e nel qualificare quelle che già operano negli enti, o si può cercare di accorpare le esigenze di più enti attraverso un unico soggetto in grado di offrire loro servizi. Si tratta di quelli che la Commissione europea nella direttiva definisce one-stop-shop. Esempi sono l’AESS in Emilia-Romagna o l’IRE in Liguria, ma anche altre agenzie a livello provinciale o locale. Questi soggetti sono in grado di accompagnare gli enti nell’identificazione degli interventi, nella realizzazione di diagnosi energetiche e altre attività propedeutiche e nella redazione dei bandi di gara.
Nell’ambito dei tavoli di lavoro di FPA si è discusso anche di energy manager. A tale proposito è emersa una notevole differenza in termini di inquadramento, compiti, competenze e possibilità di intervento in funzione della struttura di appartenenza. In linea di massimo si possono individuare le seguenti casistiche principali, per quanto poi ogni amministrazione possa presentare una sua particolare declinazione:
- Strutture della P.A. centrale e centri di ricerca, in cui sono presenti più energy manager (primario e locali) con competenze tecniche, una struttura dedicata all’energy management, opportunità di formazione;
- Strutture della P.A. in cui è presente un energy manager che può avere competenze tecniche e talvolta contare sulla presenza di una cultura dell’energy management nell’ente;
- Strutture della P.A. in cui manca la cultura e l’energy manager spesso non è competente o rimane isolato nella sua azione.
Dalla discussione è comunque emerso che diversi modelli possono risultare efficaci, in funzione dell’organizzazione. Dove possibile grazie alla struttura, è fondamentale il ruolo della formazione degli energy manager e delle persone coinvolte nella gestione dell’energia. Alcune evidenze hanno mostrato come gli energy manager qualificati abbiano ad esempio suggerito ai loro enti politiche di acquisto di elettricità e gas che hanno consentito di risparmiare forti somme in questa fase di alti costi dell’energia. In altri casi può essere vincente una cultura più trasversale, che faciliti il dialogo con le altre funzioni, purché sia consentito all’energy manager l’accesso a risorse esterne (consulenze, dialogo con gli stakeholder di riferimento, etc.).
La nomina come energy manager di un dirigente, peraltro suggerita dalla circolare ministeriale del 18 dicembre 2014, è stata considerata positiva non solo per l’evidente maggiore incisività nelle scelte dell’amministrazione, ma anche per la maggiore capacità di un dirigente di essere informato delle decisioni strategiche dell’organizzazione e delle priorità delle varie funzioni dell’ente.
È infine emerso come alcuni enti siano riusciti ad arrivare a convincere la propria amministrazione ad adottare un sistema di gestione dell’energia ISO 50001 partendo dalle attività di raccolta e riorganizzazione delle bollette energetiche e costruendo un percorso grazie ai risultati raggiunti.
Il tavolo di lavoro ha evidenziato come diverse amministrazioni siano riuscite negli ultimi anni a fare investimenti interessanti nell’ambito della riqualificazione energetica. L’energy manager, per quanto inquadrato in modo molto diverso fra un ente e l’altro, è una figura fondamentale nell’attivare, facilitare e gestire in modo efficace i processi legati alla gestione dell’energia. La crisi dei prezzi energetici ha evidenziato ancora di più quanto intervenire con interventi di riqualificazione energetica sia fondamentale e prioritario in tutti i settori. Partire dalla nomina di un energy manager è inoltre un atto fondamentale nel percorso di decarbonizzazione. Informazioni su come procedere alla nomina e un ampio catalogo formativo sono disponibili sul sito web della FIRE, Federazione Italiana per l’Uso Razionale dell’Energia (www.fire-italia.org).
Quali figure possono affiancare,
l’Energy Manager, avendo maturato
esperienza sul campo, dalla produzione, trasmissione, distribuzione, consumo nel settore delle rinnovabili, pur non iscritti ad alcun Albo professionale, ma con solo titolo di Perito Elettrotecnico,magari integrando
breve formazione, utile a raccolta dati sul campo, Audit energetico altro,valorizzando competenze, altrimenti sprecate.
Spero sia da stimolo ad altri commenti utili a formare tecnici sul territorio, utili alle Pubbliche amministrazioni.
Anche solo per informare chi ha il compito gestire il bilancio e consumi Energetici, in Amministrazioni, con obbligo di tali figure. Trasferendo loro competenze che portino ad efficintamento e riduzione costi e consumi.