di Dario Di Santo
In questo periodo si parla molto del piano clima energia e degli obiettivi nazionali su efficienza energetica, fonti rinnovabili (FER) ed emissioni. I target sono indubbiamente importanti e ci sono tutte le ragioni per pensare che quanto deciso per l’Europa e quanto in discussione per l’Italia non sia sufficiente in ottica di reale contrasto ai cambiamenti climatici. Nel contempo, chiunque può fare qualche semplice conto e vedere che sono tutt’altro che banali da raggiungere, soprattutto efficienza e rinnovabili termiche.
Per quanto riguarda i consumi finali, per esempio, secondo Odyssee-mure, dal 2000 al 2015 abbiamo conseguito circa 20 Mtep di risparmi energetici, ossia 1,3 Mtep/anno, mentre per raggiungere i circa 24 Mtep di saving al 2030 rispetto al 2015 dovremmo viaggiare a circa 1,6 Mtep/anno dal 2016 al 2030. Il risultato è reso ambizioso, alle condizioni attuali, dalle seguenti considerazioni. Anzitutto gli interventi più convenienti ce li siamo in buona parte già giocati (rimangono grandi sacche di inefficienza, ma costituite da interventi molto frammentati e di piccola dimensione, non facili da intercettare). Poi, per via dei vincoli sulle emissioni non ETS, la priorità al 2030 diventano gli edifici, settore caratterizzato da elevati costi specifici (Confindustria nel recente libro bianco sulle fonti rinnovabili prevede investimenti fra i 130 e i 277 miliardi di euro per la riqualificazione energetica del parco immobiliare, contro un investimento complessivo per efficienza, rinnovabili e mobilità di 224-543 miliardi di euro). Si tratta dunque di misure per cui il costo del tep evitato dall’efficienza energetica si avvicinerà a quello delle FER. Terzo ed ultimo aspetto, cogenerazione e rinnovabili sono più “vendibili” dell’efficienza (semplici, non impattano su processi ed edifici nella posa in opera, agiscono su buona parte del fabbisogno energetico dell’utente finale, etc.) e più si adottano, più rendono l’efficienza meno appetibile (effetto diretto: si riduce il costo del kWh per il “prosumer”; effetto indiretto: si spinge la struttura delle tariffe elettriche sulla parte fissa).
Si potrebbe dire che ai fini della decarbonizzazione una vale l’altra, fra FER ed efficienza. Ma così non è. L’efficienza infatti assicura il risultato con minore impronta energetico-ambientale, un più razionale uso del suolo, riduzione dei rischi legati a mancata produzione, inferiore dipendenza da tecnologie prodotte all’estero, etc. L’invito all’energy efficiency first avanzato a livello comunitario ha proprio questo significato: ricordarsi dell’efficienza energetica nei processi decisionali e nei piani di azione e prima di prendere decisioni su altri temi, come la generazione distribuita (CAR e FER). Vale però la pena di non trascurare l’opzione in alcuni casi specifici: ad esempio è più facile e/o efficace pensare di riqualificare il parco immobiliare dei nostri centri storici o pensare a reti di teleriscaldamento/teleraffrescamento alimentati da fonti rinnovabili?
Un’altra considerazione importante, a mio avviso, è che l’Europa continua a muoversi da prima della classe, mentre il resto del mondo viaggia con altri ritmi e aspettative. Ciò potrebbe produrre effetti non trascurabili sull’economia dei Paesi membri, già non florida in molti casi. A tale proposito l’atteggiamento di Trump insegna, e i gilet gialli francesi confermano, che la lotta al cambiamento climatico si candida facilmente ad essere un tema avversato dai populisti, perché le classi deboli soffrono di più per i costi indotti e difficilmente possono cogliere i benefici diretti (ovviamente si giovano di quelli indiretti, ma farlo capire richiede tempo e impegno). Dunque, le politiche climatiche vanno congegnate bene, attribuendone i costi in modo selettivo, coinvolgendo tutti nei benefici, facendo in modo che creino occasioni di sviluppo per le imprese e i professionisti locali. Prendiamo la proposta originaria di bonus malus per le auto a basse emissioni presentata nelle scorse settimane. Giusto promuovere auto elettriche e a basso consumo, ma ricordandosi che per molti usi extraurbani il diesel rimane la soluzione migliore in termini di efficienza ed emissioni, che molti non vivono in città (fuori dalle quali le auto ibride ed elettriche perdono buona parte del loro appeal), che non tutti possono comprare auto nuove di segmento medio o alto e che se si spinge sulle soluzioni che le imprese europee non hanno pronte, buona parte degli incentivi finirà fuori UE. Non sarebbe meglio spingere inizialmente su trasporti pubblici, flotte aziendali (e.g. logistica) e car/scooter sharing elettrico tramite requisiti obbligatori, tassare le auto di lusso e di alta gamma ad alto impatto e attivare incentivi per l’elettrico e l’ibrido in qualche anno?
Ultimo aspetto: dubito che si possano conseguire grandi risultati a colpi di leggi nei prossimi anni. In un contesto caratterizzato da un’evoluzione rapidissima, trainata da digitalizzazione, nuovi modelli di business e globalizzazione, esse rischiano di nascere infatti già vecchie e di ingessare più che promuovere. Conviene cambiare il modo di pensarle ed attuarle e promuovere accordi volontari che coinvolgano l’industria e gli altri stakeholder, finalizzati ad accelerare il livello minimo prestazione delle soluzioni disponibili sul mercato. La FIRE è ovviamente disponibile a supportare azioni in questa direzione in futuro. Nel corso dell’anno ha partecipato a numerose iniziative per promuovere le soluzioni riassunte nel proprio manifesto sull’efficienza energetica e per produrre proposte puntuali su alcune misure specifiche, anche coordinando gruppi di lavoro con altri stakeholder. Abbiamo supportato diversi associati nel cercare di superare i problemi incontrati nella gestione degli incentivi e dialogato costantemente con le istituzioni di riferimento per individuare soluzioni. E abbiamo lavorato su progetti che confidiamo possano favorire gli investimenti in efficienza energetica (e.g. ESI Europe, Investor confidence project, EEFIG, M-Benefits, etc.).
Il nuovo anno alle porte e non mancheranno importanti sfide anche nel settore dell’energia, che potranno essere affrontate al meglio collaborando e cercando soluzioni che tengano conto delle esigenze di ciascuna parte sociale e dell’importanza di agire rapidamente per creare un percorso virtuoso verso la transizione energetica. Ciò richiede di guardare oltre il nostro settore, a tutti gli usi dell’energia, a come progettare prodotti e servizi a basso impatto dal lato delle imprese e adottare cambiamenti consapevoli da parte dei consumatori. Tutti possiamo contribuire a questa sfida! E FIRE metterà in campo diverse azioni per i suoi associati per cogliere le opportunità che si presentano nel settore dell’energia.
Bene, non mi rimane che augurare a tutti voi un buon Natale e un sereno e proficuo 2019!