Efficienza energetica: quali sono le prossime sfide?

di Dario Di Santo

Siamo arrivati all’agognata pausa estiva, che spero riuscirete a sfruttare per ritemprarvi un po’ e per staccare la spina dal quotidiano. Un augurio anche a chi è impossibilitato a muoversi, per problemi personali o di altro tipo, affinché possa comunque trovare sollievo.

Ci troviamo a fronteggiare sfide importanti per il nostro Paese sul fronte dell’energia. Cambiamenti radicali che ci accompagneranno nei prossimi decenni e in cui l’uso razionale delle risorse e le fonti rinnovabili occuperanno una parte cospicua. Sarebbe bello poter giocare da leader su questi fronti, ma conviene essere realisti e tenere a mente le risorse disponibili, per evitare di ripetere gli errori del passato. Un approccio dissennato che ci ha prima gravato di oneri consistenti e poi privato dei possibili ritorni economici, mettendo in difficoltà le imprese nate e cresciute grazie ai generosi incentivi. Misure retroattive che hanno colpito soprattutto conto energia, certificati verdi e certificati bianchi.

Facendo tesoro di queste esperienze, conviene evitare di partire troppo forte e dosare le energie per arrivare fra i primi al traguardo. Bisogna dunque definire delle politiche lungimiranti e fondate su un’ottica di lungo periodo, collegando energia e core business, soprattutto perché ci aspettano sfide onerose e complesse, come la riqualificazione spinta del patrimonio edilizio, la trasformazione del settore energetico e la rivoluzione del settore trasporti. Saranno richiesti spirito innovativo, persone capaci nei posti chiave, ma anche buon senso e capacità di dialogo con tutti gli stakeholder, un elemento purtroppo negletto negli ultimi anni.

In tema di edifici, l’idea è di andare verso immobili a consumi quasi nulli (i cosiddetti NZEB). Questo significa che non sarà sufficiente agire sugli impianti di riscaldamento, raffrescamento e illuminazione, e nemmeno limitarsi a aggiungere isolante all’involucro, ma occorrerà ripensare insieme l’involucro (forma, materiali, produzione di energia rinnovabile), gli impianti (produzione, distribuzione e utilizzo), gli spazi (aree comuni e aree private, dimensioni), e il loro impiego (abitazione, ufficio, spazi verdi e/o produzione agricola, etc.). Si tratta di una sfida soprattutto sull’esistente, spesso gravato da vincoli architettonici e paesaggistici e su cui appare difficile intervenire in modo radicale ad edificio occupato. I costi saranno considerevoli e i tempi di rimborso dei capitali lunghi. Ne consegue che solo attraverso un’opportuna diffusione di competenze progettuali adatte alle nostre caratteristiche climatiche e sociali e un’adeguata industrializzazione del settore delle costruzioni si potranno raggiungere tempistiche, qualità e costi accettabili.

Il settore energetico dovrà affrontare la riduzione delle fonti fossili e la crescita di quelle rinnovabili. Le soluzioni tecnologiche appaiono forse più chiare rispetto agli edifici, ma la sfida di mercato, regolatoria e culturale è davvero notevole. Anche qui le risorse da spendere saranno cospicue, e molto dipenderà dalla capacità di intuire la giusta velocità del processo.

Nei dibattiti sul settore dei trasporti, troppo spesso tutto è ricondotto all’auto elettrica, mentre è in gioco molto di più. Occorre rivedere le politiche di mobilità urbana, la logistica delle merci, le logiche di possesso di veicoli privati, le modalità del lavoro e così via. Investimenti consistenti, accompagnati da un cambio culturale non facile da digerire nell’immediato rendono questa sfida altrettanto difficile.

In tutto questo l’industria continuerà a svolgere un ruolo primario per la riduzione dei consumi, non tanto con interventi sui componenti energetici, quanto con un ripensamento dei prodotti e dei servizi offerti (sempre più “green”), un’integrazione e razionalizzazione delle filiere in ottica circolare, e una maggiore penetrazione della generazione distribuita. Il vantaggio, rispetto agli altri settori, è che sarà la competitività a spingere questo cambiamento, non solo obblighi e attenzione all’ambiente e alle risorse.

Il fattore comune di tutto questo è una maggiore integrazione e sinergia e un maggiore senso della collettività. Realizzarlo ci aiuterà forse a combattere anche la stupida e globale deriva egoista e polarizzata cui ci stanno abituando gli scenari politici degli ultimi anni, che rischia di farci trovare tutti giù per terra, ma senza il girotondo che tanto ci faceva ridere da bambini.

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