Dal 5 dicembre 2015, data di prima consegna delle diagnosi energetiche da parte dei soggetti obbligati dal D.Lgs 102/2014, sono passati ormai quasi 4 anni e si avvicina la seconda scadenza, il prossimo 5 dicembre 2019.
In un articolo pubblicato su Qualenergia.it, l’ing. Stefano D’Ambrosio l’esperto che in FIRE segue le tematiche legate alle diagnosi energetiche, fa un bilancio e delinea le future opportunità legate alla nuova prossima ondata di attività spinta dall’obbligo.
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Dal 5 dicembre 2015, data di prima consegna delle diagnosi energetiche da parte dei soggetti obbligati dal D.Lgs 102/2014, sono passati ormai quasi 4 anni e si avvicina la seconda scadenza, il prossimo 5 dicembre 2019.Analizzando il periodo trascorso, emerge che numericamente i risultati sono stati soddisfacenti e incoraggianti (circa 15.000 rapporti di diagnosi ricevute da ENEA), soprattutto se paragonati a quelli raggiunti in tutti gli altri paesi europei), anche se probabilmente dal punto di vista qualitativo si può essere meno soddisfatti per una serie di ragioni tra cui la presenza di molti dati stimati e non misurati, la mancanza di linee guida settoriali, l’esecuzione da parte di soggetti non sempre certificati (l’obbligo è iniziato dal luglio 2016), i tempi di redazione delle diagnosi sono stati normalmente limitati all’ultimo mese prima della scadenza. Tuttavia, considerando anche le difficoltà iniziali è possibile dire che l’obiettivo di avviare un percorso virtuoso è stato raggiunto.
È evidente che ora ci si aspetta di più sia dalle imprese obbligate, sia dai soggetti che eseguiranno le diagnosi ma anche dall’ENEA e dal MISE.
Per le organizzazioni che oggi si trovano di fronte alla seconda scadenza si tratta di aumentare il livello di bontà dei dati contenuti nella diagnosi, affinché anche gli indicatori energetici individuati successivamente da ENEA siano i più affidabili possibili e siano sensati anche per il calcolo delle agevolazioni fiscali da concedere alle imprese a forte consumo di energia. A tal proposito il D.M. 21/12/2017 prevede che l’agevolazione concessa dalla CSEA all’impresa, non dipenderà più dal costo dell’energia reale pagato dell’azienda ma da quello che essa dovrebbe sostenere nelle condizioni di un consumo efficiente di settore indicato da ENEA e dal costo specifico dell’energia appropriato indicato dall’ARERA. Tuttavia, le imprese che si trovano ad affrontare per il primo anno la diagnosi energetica obbligatoria è ancora valido l’approccio di analisi da dati provenienti dal contatore generale, laddove non dispongano di ulteriori misure di dettaglio. Ma per le altre imprese è invece necessario eseguire una diagnosi energetica contenente dati più approfonditi, non solo dal contatore generale, ma ad un livello di maggior dettaglio, come indicato dalle linee guide Enea sul monitoraggio. Bisogna però fare attenzione: se da un lato la misura ha una serie di vantaggi, dall’altro è evidentemente un costo a carico delle imprese, alle quali non si può chiedere un eccessivo sforzo economico per il mero adempimento legislativo. È necessario far percepire tutti i benefici che si possono trarre da tale intervento e quanto essi possano influire sul core business aziendale. Inoltre, misurare non significa esclusivamente installare misuratori fissi, ma sono considerate valide anche campagne di misure purché significative e rappresentative del contesto aziendale. Anche per i misuratori, al fine delle diagnosi obbligatorie, non sono richieste particolari caratteristiche come la certificazione MID, correttamente installati, manutenuti e tarati.
In breve, non è necessario misurare tutti i vettori energetici al 100%, ma, per facilitare il compito degli operatori, si suggerisce un livello di approfondimento differente a seconda del consumo energetico di sito e in funzione delle attività principali, servizi generali e ausiliari. È evidente che per siti più energivori si auspica un livello di copertura dei dati misurati maggiore.
È probabile che qualche azienda abbia installato con ritardo i misuratori, quindi ad oggi non siano disponibili misure relative al 2018 ma solo per alcuni mesi del 2019; in questi casi l’approccio suggerito dall’ENEA è quello del “buon senso”, ovvero, si suggerisce l’utilizzo di tali dati misurati nel 2019 ma normalizzati sull’attività svolta nel 2018. Qualora invece non sia presente un piano di monitoraggio e le misure non fossero state ancora eseguite, l’impresa rischierebbe di incorrere in sanzioni amministrative che possono andare dai 2.000€ ai 20.000 €, per non conformità del rapporto di diagnosi con i criteri minimi dell’Allegato II del suddetto decreto.
Con una visione lungimirante l’impresa può sfruttare “l’obbligo di monitoraggio” per crearsi delle opportunità. Una di queste può essere quella dell’accesso a meccanismi incentivanti come i certificati bianchi. Infatti, con l’entrata in vigore del decreto D.M. 11 gennaio 2017, nel meccanismo dei TEE è diventata fondamentale la misura ante e post intervento, non solo dei consumi energetici ma anche delle grandezze che influiscono su tali consumi, come ad esempio i gradi giorni o la produzione. Dunque, installare uno strumento di misura con questa visione strategica potrebbe permettere all’impresa di soddisfare sia le richieste ENEA sul monitoraggio, sia di richiedere incentivi al GSE al seguito di un intervento di efficienza energetica.
Utilizzando anche l’approccio metodologico fornito dall’IPMVP, il protocollo internazionale di misura e verifica dei risparmi, la ESCO, l’EGE, (o l’Energy auditor semmai tal figura verrà alla luce) può fornire al cliente sicuramente un quadro chiaro e affidabile delle proprie opportunità di miglioramento. Un piano di misura e verifica ben strutturato e basato su un protocollo riconosciuto a livello europeo aumenta anche le probabilità di finanziamento tramite terzi degli interventi e limita le problematiche in caso di stipula di un contratto EPC con garanzia dei risultati dove il canone è basato sulla misura del risparmio energetico conseguito.
Inoltre, se l’investimento in strumenti di monitoraggio fosse già stato realizzato o potesse esser conseguito ricorrendo alle agevolazioni fiscali previste dall’iper-ammortamento in base alle Leggi di bilancio 2018 e 2019, il cliente si ritroverebbe in casa la strumentazione utile per soddisfare un obbligo di monitoraggio, comprendere meglio come e dove sono localizzati i suoi centri di costo, con l’opportunità di intervenire richiedendo incentivi statali con il finanziamento del progetto anche da soggetti terzi.
Un’altra delle opportunità da cogliere in questo secondo ciclo di diagnosi è legata alla demand-response, alla valutazione della flessibilità dell’azienda in modo da considerare investimenti anche sul fronte generazione, stoccaggio e gestione dei carichi interni. L’apertura del mercato del servizio di dispacciamento è un’altra delle opportunità da cogliere nei prossimi anni.
Anche l’utilizzo razionale delle risorse, l’economia circolare è una novità importante a cui le imprese sono chiamate ad orientarsi, è un cambio di paradigma, non c’è una norma come per le diagnosi che le obbliga ad un approccio di questo tipo, ma i benefici sono multipli nel lungo periodo a diverso livello micro e macro, come ad esempio l’aumento della competitività. Se l’impresa vuole restare competitiva deve adattarsi e imparare a misurare i processi produttivi.
La FIRE, sul tema delle diagnosi energetiche, ha in programma sia corsi on line che in aula dal livello base al livello avanzato. In particolare, il 28 maggio a Bologna si terrà un corso basato sulla presentazione di casi studio di audit energetici realizzati in contesti differenti: edifici, processi e trasporti. Per maggiori dettagli visitare il sito FIRE dedicato alla formazione: http://fire-italia.org/formazione-fire/