di Livio De Chicchis
Tra gli strumenti di policy che il nostro Paese ha messo in campo per raggiungere gli obiettivi di riduzione dei consumi al 2030, oltre allo schema d’obbligo dei certificati bianchi, ci sono le cosiddette misure alternative. Queste misure, tra cui spiccano le detrazioni fiscali, il conto termico e il fondo nazionale per l’efficienza energetica , assumono nella decade in corso un ruolo maggiore che in passato alla luce del ridimensionamento dei certificati bianchi. FIRE ha rivolto nelle scorse settimane un’indagine agli energy manager su tali argomenti, allo scopo di capire il punto di vista di questa platea di potenziali fruitori degli schemi.
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Tra gli strumenti di policy che il nostro Paese ha messo in campo per raggiungere gli obiettivi di riduzione dei consumi al 2030, oltre allo schema d’obbligo dei certificati bianchi, ci sono le cosiddette misure alternative. Queste misure, tra cui spiccano le detrazioni fiscali, il conto termico e il fondo nazionale per l’efficienza energetica, assumono nella decade in corso un ruolo maggiore che in passato alla luce del ridimensionamento dei certificati bianchi: questi avevano infatti il compito di garantire almeno il 60% del target di efficienza energetica al 2020, mentre nell’orizzonte al 2030 il paniere di strumenti è stato redistribuito in maniera più equa dando uno spazio maggiore alle altre misure.
Visti dal lato dell’utente finale, i tre schemi sopramenzionati sono (o sarebbero) strumenti preziosi a supporto degli investimenti in efficienza energetica, ma che necessitano tutti in questo momento di un tagliando: chi per rimediare a una mancata partenza (fondo nazionale per l’EE), chi per aggiornare le linee guida ormai datate (conto termico), chi per razionalizzare le misure (detrazioni fiscali, Superbonus incluso).
FIRE ha approfittato dell’attesa di novità legislative per rivolgere nelle scorse settimane un’indagine agli energy manager su questi argomenti, allo scopo di capire il punto di vista di questa platea di potenziali fruitori degli schemi. Come prevedibile, tra i rispondenti hanno prevalso gli appartenenti al settore terziario e alla pubblica amministrazione, i cui tipici interventi rientrano tra quelli ammissibili alle agevolazioni.
Partendo dal conto termico, emerge innanzitutto come il 65% dei rispondenti non abbia utilizzato l’incentivo negli ultimi tre anni, non avendo nella gran parte dei casi realizzato interventi in esso rientranti. Coloro i quali hanno fatto accesso al meccanismo si dividono equamente tra chi ha effettuato interventi di efficienza energetica (a beneficio delle sole pubbliche amministrazioni) e chi invece ha installato impianti di produzione di energia termica da fonti rinnovabili. È interessante notare come in quasi l’80% dei casi coperti dai rispondenti l’accesso è stato fatto direttamente dal soggetto privato (o dalla P.A.), mentre una ESCO si è configurata come soggetto responsabile solo nel restante 20% dei casi.
Una delle principali criticità di accesso al conto termico per la pubblica amministrazione riguarda il contratto EPC, da stipulare obbligatoriamente con la ESCO che si vuole coinvolgere. L’aspetto più controverso è emerso essere la durata del contratto EPC che non permette di conciliare le specifiche del meccanismo con le esigenze della ESCO. Per quanto riguarda infine la materialità del conto termico, si equivalgono i pareri di quanti ritengono che la possibilità di accedere all’incentivo abbia influito sulla scelta di realizzare l’investimento e quanti invece l’abbiano giudicata trascurabile. Tra le principali proposte di miglioramento, oltre appunto alla semplificazione dei requisiti rispetto alla durata del contratto EPC, si segnalano le seguenti:
- ampliare alle imprese la possibilità di presentare progetti di efficienza energetica;
- mettere a disposizione format o checklist di verifica dei requisiti degli impianti, che spieghino nel dettaglio come effettuare la presentazione;
- istituire un canale di comunicazione diretto tra valutatore del GSE e soggetto responsabile;
- semplificare e rendere omogenea la rendicontazione delle spese ammissibili e piani economico finanziari con format GSE.
Se il conto termico è comunque uno strumento ben avviato e che ha impegnato dal 2013 ad oggi più di un miliardo e mezzo di incentivi, lo stesso non si può dire del fondo nazionale per l’efficienza energetica, che pur essendo operativo dal 2019 ha prodotto ad oggi risultati pressoché nulli. È eloquente in tal senso come nessuno dei rispondenti all’indagine abbia presentato domande di accesso al fondo (d’altronde si ha in generale solo notizia di qualche manciata di applicazioni da parte della P.A.). Al netto della specificità delle agevolazioni (finanziamenti agevolati e concessione di garanzie su investimenti) e della procedura di accesso ritenuta troppo complessa, non sono pochi coloro i quali hanno segnalato una scarsa conoscenza dello strumento; per conferma basta visitare l’apposita pagina web del sito di Invitalia per notare come le news sul fondo siano ferme al 2019. Le proposte di miglioramento indicate dagli stakeholder vanno proprio in questa direzione, dalla possibilità di avere maggiori informazioni e visibilità dello strumento, all’allargamento della finestra disponibile per inviare la comunicazione richiesta, fino a una procedura di accesso più snella e predefinita.
Come anticipato sopra, sia per il conto termico che per il fondo nazionale per l’efficienza energetica sono attese delle novità legislative che possano rinnovare e rilanciare questi strumenti. Considerando d’altronde il combinato disposto della mole di investimenti che dovranno essere compiuti per inseguire gli obiettivi di decarbonizzazione, e della fase attuale di tassi di interesse alle stelle, avere la possibilità di accedere a finanziamenti a tasso agevolato (nell’ordine dello 0,25%) può rappresentare una leva fondamentale per spingere le imprese ad investire.
Nell’auspicio che questi provvedimenti (senza dimenticare le aste TEE) terminino al più presto la propria gestazione, FIRE ritiene che sia opportuno mantenere alta l’attenzione sul tema. Di questi e molti altri temi se ne potrà discutere il prossimo 7 luglio in una conferenza a Milano riservata ai soci (link) della Federazione, tesa a favorire l’informazione e il confronto.
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