Certificati bianchi, alcuni aggiornamenti… ad maiora!

di Livio De Chicchis e Dario Di Santo

Come ogni anno, il consueto Rapporto annuale Certificati Bianchi del GSE, pubblicato lo scorso 3 febbraio, ha fornito un quadro dello stato di salute del meccanismo. Utilizzando una metafora, in questo quadro si possono scorgere dei (molto) timidi raggi di luce in un cielo nebuloso.

La nota di speranza è rappresentata dall’incremento di richieste presentate nel 2019 rispetto all’anno precedente. Nel corso del 2019, sono stati presentati 454 Progetti a consuntivo (PC), 108 Progetti standardizzati (PS) e 52 Richieste a consuntivo (RC), con un incremento del 31% rispetto al 2018. Se da un lato questo è inevitabilmente figlio dell’anno in più che si è avuto a disposizione per realizzare le misure richieste e presentare progetti, quest’incremento non era in ogni caso da considerarsi scontato, soprattutto alla luce di alcuni punti di vista che ritengono ormai finito il meccanismo. È piuttosto un segnale di come gli operatori continuino a nutrire interesse per il meccanismo ed a presentare proposte nonostante le difficoltà annesse.

Dall’altro lato, in termini di TEE riconosciuti, nel corso dl 2019 sono stati emessi 2.907.695 titoli, di cui 955.960 generati da RVC standard. In questo caso si è registrato un decremento del 24% nei titoli riconosciuti rispetto allo scorso anno, proseguendo il trend di discesa iniziato nel 2014 e tamponato solo tra fine 2016 e 2017 in prossimità dell’entrata in vigore nel nuovo decreto con la revisione delle linee guida. L’inevitabile conseguenza di ciò è la mancanza di titoli necessari a coprire l’obbligo, per cui si prevede anche per i prossimi mesi di aprile e maggio un ampio ricorso ai titoli virtuali, che già per l’anno d’obbligo 2018 erano stati pari a 1,7 milioni su un obbligo complessivo di 5,82 milioni di titoli (di cui 3,34 milioni legati all’obbligo minimo di quell’anno), percentuale nell’ordine del 30%.

Una delle difficoltà di accesso al meccanismo è la definizione della baseline di consumi ante intervento: ridurre il periodo di monitoraggio ante intervento rispetto ai 12 mesi previsti dal decreto è uno dei modi per facilitare la presentazione di progetti. Su questo tema il GSE ha di recente fornito dei chiarimenti operativi mediante un documento che era stato posto in consultazione l’estate scorsa. Al netto di qualche aspetto rimasto inespresso (quile osservazioni che FIRE aveva presentato al documento), allargare lo spettro delle casistiche in cui prevedere ragionevolmente un periodo di monitoraggio ex-ante ridotto è necessario per semplificare l’accesso allo schema e per rendere più elastica l’offerta, ad oggi ingessata dal punto di vista delle tempistiche di presentazione delle proposte e di approvazione del GSE, considerando i tempi per le integrazioni, nonché dai successivi tempi di monitoraggio dei consumi post intervento.

Un potenziale contributo positivo alla generazione di titoli è stato previsto dal D.L. Crescita (Legge 28 giugno 2019, n. 58), che ha aperto all’incentivazione di progetti che prevedono impiego di fonti rinnovabili per usi non elettrici sulla base dell’energia non rinnovabile sostituita rispetto alla situazione di baseline, e non solo premiando l’incremento di efficienza energetica della situazione post-intervento. Questa misura, a cui il GSE ha dedicato dei chiarimenti operativi, può supportare in maniera più corposa la realizzazione di impianti a biomassa in particolare nel settore industriale.

Contestualmente al Rapporto annuale, il GSE ha pubblicato l’aggiornamento del report periodico sulle criticità rilevate nella valutazione dei progetti. Il dato che salta immediatamente all’occhio è che la totalità delle pratiche ricevute ai sensi del D.M. 11 gennaio 2017 e s.m.i ha ricevuto almeno una richiesta d’integrazione. Da ciò si evince come il suo invio possa essere ritenuto ormai una prassi, soprattutto in relazione a chiarire al meglio la data di avvio della realizzazione dell’intervento. Il 64% delle pratiche ha poi completato positivamente l’iter (valore elevato, ma in diminuzione rispetto agli ultimi anni).

In questo quadro di documenti prodotti restano aperte alcune questioni chiave: quali modifiche strutturali prevedere per lo schema (Confindustria presenterà a breve un documento di proposte elaborato con FIRE, ma, al di là delle opzioni disponibili, serve una chiara volontà politica di rilanciare il meccanismo)? Come valutare il cap al contributo tariffario dopo la sentenza del TAR Lombardia che lo ha ritenuto illegittimo? Come e quando verrà riorganizzato il GSE a seguito delle recenti vicissitudini? Gli operatori restano in attesa, mentre si avvicina la scadenza del periodo d’obbligo coperto dalla legislazione vigente.

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