Caro energia: ecco le azioni che potrebbero evitare l’avanzata della crisi dal mercato del gas a quello dell’energia elettrica

Paolo Bianco, Energy Manager dell’Azienda USL della Romagna*

* le opinioni espresse sono personali e non vincolano il giudizio dell’istituzione di appartenenza

La crisi energetica avvinghia tutti i settori dal pubblico al privato. Abbiamo raccolto diversi commenti e suggerimenti tra i nostri associati e tra gli energy manager. Pubblichiamo oggi il contributo dell’ing. Bianco.

“L’eccezionale dimensione dei rincari – evidenzia l’energy manager – fa ritenere giustificato un intervento del governo; senza entrare nel merito dell’eventuale accensione di ulteriore debito, sembrano ipotizzabili modifiche normative temporanee, che potrebbero permettere a un soggetto pubblico (individuabile nel Gestore del Mercato Elettrico – GME) di evitare che l’impazzimento del mercato del gas si propaghi a quello dell’energia elettrica”.

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L’Azienda USL della Romagna, per la quale il sottoscritto ricopre il ruolo di Energy Manager, è una delle più grandi realtà sanitarie del Paese, servendo oltre 1,1 milioni di cittadini delle tre province di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini.

L’impatto della pandemia COVID-19 aveva già comportato per l’Azienda un importante aumento dei consumi (dell’ordine del 7% tra il 2019 e il 2021), a causa della necessità di aumentare al massimo l’aerazione e ventilazione dei locali, cui l’Azienda aveva risposto con un piano di efficientamento energetico a tutto campo iniziato nel 2011 e rinnovato nel 2017. Nel 2020 aveva portato a una riduzione complessiva delle emissioni del -14%, nonostante una crescita del +15% della superficie utile delle strutture aziendali; il Piano prevede, tra l’altro, la sostituzione di oltre 20.000 corpi illuminanti a LED e di oltre 2.500 m2 di infissi, l’installazione di oltre 1.000 kWp di impianti fotovoltaici, oltre che di numerosi impianti di cogenerazione. Ciò ha consentito il contenimento della crescita dei costi nel 2021 a valori tollerabili (+11%).

Queste percentuali, che pure corrispondono a numeri assoluti già significativi, sono però minime rispetto agli andamenti 2022: se nel 2021 i costi energetici ammontavano a circa 23 mln € (con un impatto ancora inferiore all’1% dei costi di produzione), nel 2022 la previsione attuale (quasi certamente sottostimata visti gli ultimi eventi di questi giorni) è di oltre 81 mln €, con un aumento del +250% (con un impatto superiore al 3% sui costi). L’impatto percentuale può sembrare ridotto, ma si deve considerare che si tratta pur sempre di quasi 60 milioni di prestazioni sanitarie sottratte alla spesa sociale, che avranno nei prossimi anni prevedibili conseguenze sulla popolazione, unite a quelle della pandemia.

Ad aumentare sono praticamente tutti i fattori, a partire dal servizio energia (indicizzato agli indici dell’Autorità, si prevede per fine anno un +330%, che rispetto al 2020 diventa addirittura un +820%), passando per il teleriscaldamento (+100%), per arrivare all’energia elettrica (+230%). Numeri come questi sono tali da travolgere e rendere inutili dieci anni di buone pratiche e di risultati della gestione energetica aziendale.

L’eccezionale dimensione dei rincari fa ritenere giustificato un intervento del governo; senza entrare nel merito dell’eventuale accensione di ulteriore debito, sembrano ipotizzabili modifiche normative temporanee, che potrebbero permettere a un soggetto pubblico (individuabile nel Gestore del Mercato Elettrico – GME) di evitare che l’impazzimento del mercato del gas si propaghi a quello dell’energia elettrica, ad esempio con una o più delle azioni seguenti:

  • Introdurre un meccanismo di “price cap” simile a quello spagnolo, dando la possibilità al GME di intervenire a posteriori sul MGP tagliando il prezzo ad es. di 200 €/MWh: a tale “taglio” ovviamente dovrebbe corrispondere un sussidio da erogare agli impianti a gas che formano il prezzo marginale più alto; con un rendimento medio intorno al 50% (dato TERNA 2021) è ipotizzabile quindi un sussidio corrispondente a 100 €/MWh (sul gas); poiché in Italia si utilizzano circa 25 mld Sm3 per la generazione termoelettrica, il costo massimo annuo del sussidio sarebbe pari a circa 25 mld €, cui però corrisponderebbe un guadagno di 40 mld € (200 €/MWh * 200 TWh scambiati in borsa): si otterrebbe quindi un vantaggio netto di 15 mld di euro senza alcun contributo pubblico, permettendo di porre il meccanismo a carico della CSEA;
  • Introdurre la possibilità per il GME di utilizzare la potenza elettrica interrompibile (circa 2,5 GW), nonché quella delle UVAM come leva per ridurre il prezzo di borsa in tutte le situazioni in cui esso superi la remunerazione dell’interrompibilità: in questo modo nelle ore di picco si otterrebbe un prezzo di borsa ribassato per tutti gli altri consumatori, a “spese” del fermo delle imprese che hanno già accettato di poter essere interrotte;
  • Dichiarare (come già fatto con il DL 91/14 per la zona Sicilia) essenziali tutti gli impianti termoelettrici, in modo da imporre loro un meccanismo di prezzo regolato in base ai costi di produzione, sul modello delle delibere ARERA già adottate nel 2014-2015 (es. del. 521/2014/R/eel), in modo da azzerarne quasi totalmente gli extraprofitti;
  • Fissare, come già proposto dalla Commissione UE, un tetto massimo per la remunerazione delle fonti rinnovabili immesse in rete, compensato da un’analoga estensione del prezzo minimo garantito.

Applicando una o più di queste azioni si otterrebbe di separare l’attuale prezzo zonale medio in più valori (uno per le centrali a gas, uno per il termoelettrico, e uno per le rinnovabili): il PUN sarebbe poi determinato dalla media pesata come già avviene ora, lasciando le esportazioni escluse per evitare effetti destabilizzanti sui paesi confinanti; ciò garantirebbe un importante abbassamento dei costi per tutti i consumatori (15-20 mld su base annua), ottenuto senza alcun aggravio per le finanze pubbliche.

Altre azioni che potrebbero essere messe in campo, anche per aiutare gli investimenti anticiclici, sono:

  • Introdurre per legge la possibilità di revisione dei contratti di servizio energia indicizzati al PFOR, t (che da ottobre non verrà più pubblicato dall’ARERA), consentendo un’indicizzazione al PSV, in modo da evitare di penalizzare coloro che hanno adottato questa formulazione per stimolare una gestione efficiente dei propri impianti;
  • adeguare i massimali specifici e totali del Conto Energia Termico (DM 16 febbraio 2016) agli intervenuti rincari del costo dei materiali già riconosciuti con il DL 50/2016;
  • allentare i vincoli del Fondo Kyoto (DM 11 febbraio 2021) e del Fondo Nazionale Efficienza Energetica (DM 22 dicembre 2017), che ne rendono complesso l’utilizzo nella riqualificazione energetica degli edifici;
  • estendere la riduzione iva a tutti gli impieghi del gas naturale, anche in contratti di teleriscaldamento e per uso in cogenerazione/trigenerazione;
  • estendere i crediti di imposta, sia per i consumi che per gli investimenti, a tutti i soggetti IRES senza distinzioni.

È sperabile quindi che ci siano le condizioni politiche per un intervento di vasta portata, perché le politiche aziendali da sole non possono contrastare una tempesta di queste dimensioni.

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