Cambiamenti climatici: la UE punta su rinnovabili e autoconsumo

di Stefano D’Ambrosio e Livio De Chicchis

La lotta ai cambiamenti climatici è divenuta una corsa contro il tempo. Allo scadere del 2018 è stata pubblicata in gazzetta ufficiale la direttiva UE 2018/2001, facente parte del pacchetto Clean Energy for all Europeans, che stabilisce un quadro comune per la promozione dell’energia da fonti rinnovabili. All’interno di essa sono contenute le decisioni riguardo gli obiettivi nazionali al 2030 e le misure per garantire il raggiungimento degli stessi. L’articolo pubblicato su Ambiente&Sicurezza spiega le principali novità della direttiva UE 2018/2001.

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La lotta ai cambiamenti climatici è divenuta una corsa contro il tempo. Allo scadere del 2018 è stata pubblicata in gazzetta ufficiale la direttiva UE 2018/2001, facente parte del pacchetto Clean Energy for all Europeans, che stabilisce un quadro comune per la promozione dell’energia da fonti rinnovabili. All’interno di essa sono contenute le decisioni riguardo gli obiettivi nazionali al 2030 e le misure per garantire il raggiungimento degli stessi.

Tra le novità, è previsto l’aumento dal 27% al 32% della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili ed è stato fissato al 2030 il target di riduzione delle emissioni di gas climalteranti del 40% rispetto ai livelli del 1990. In tal senso diventa fondamentale l’incremento delle energie rinnovabili, il cui utilizzo apporta ulteriori benefici in termini di sicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel garantire un’energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire l’innovazione tecnologica e nel creare occupazione. Inoltre, avere un obiettivo vincolante al 2030 fornisce maggiore certezza per gli investitori. Dal 2021 la quota di energia elettrica da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di ciascuno Stato, inclusa quella per il riscaldamento, il raffrescamento e il trasporto, non dovrà essere inferiore ad una quota base di riferimento che per l’Italia è fissata al 20%.

L’intento della Commissione europea è quello di mettere gli utenti finali al centro del processo di transizione, mediante una forte spinta all’autoconsumo di energia rinnovabile sia individuale sia attraverso aggregatori. Questo significa potenziare l’uso di sistemi di accumulo ma anche favorire accordi di compravendita delle eccedenze ad altri soggetti (scambi alla pari) senza essere sottoposti a oneri discriminatori; è evidente che per quanto riguarda le imprese private questo non deve rappresentare l’attività prevalente. L’articolo 21 della direttiva introduce l’autoconsumo elettrico collettivo, dando la possibilità di produrre, accumulare e vendere energia con un modello da uno a molti. Il risultato sarà la nascita di comunità di energia rinnovabile, definite dal successivo articolo 22.Sel’autoconsumo sfrutta la rete di distribuzione esistente dovranno essere sostenuti i relativi oneri, a meno che non si tratti di impianti di potenza inferiore a 30 kW.

La direttiva impone una semplificazione delle procedure amministrative per le autorizzazioni, al fine di promuovere l’utilizzo di energia rinnovabile da parte delle PMI e dei cittadini, in particolare per impianti di produzione fino a 50 kW, ovviamente a condizione che siano mantenute la stabilità e la sicurezza della rete. In tal contesto risulta opportuno orientarsi verso forme contrattuali “innovative” come ad esempio gli Energy Performance Contract (EPC) o forme di partenariato pubblico privato (PPP) che agevolano gli investimenti anche nel settore pubblico.

Continuando, tra i target della direttiva c’è quello di accelerare il ricorso alle energie rinnovabili nei trasporti. Ogni Stato membro deve fissare un obbligo in capo ai fornitori di carburante per assicurare che entro il 2030 la quota di energia da fonti rinnovabili sia almeno il 14%del consumo finale di energia. Inoltre, una quota parte sempre maggiore (almeno 3,5% al 2030) del consumo finale di energia del settore deve essere garantita da biocarburanti e biogas prodotti da specifiche materie prime.

Entro il 31 dicembre 2021 gli Stati membri devono adottare misure volte a garantire la disponibilità di carburanti da fonti rinnovabili per il settore dei trasporti, anche in termini di stazioni di ricarica accessibili al pubblico. La riduzione delle emissioni di gas a effetto serra grazie all’uso di biocarburanti, di bioliquidi e di combustibili da biomassa deve essere costantemente incrementata negli anni, a partire dal 50% per gli impianti in funzione al 2015 per arrivare al 65% per gli impianti in funzione dal 2021.

Anche il settore del riscaldamento/raffrescamento è considerato fondamentale nella direttiva, in quanto esso incide per circa la metà sul totale dei consumi finali dell’UE. Al fine di promuovere l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili in questo comparto, ciascuno Stato membro si deve impegnare ad accrescere mediamente di 1,3% la quota annuale dal 2021 per 5 anni. Inoltre, ognuno di loro si deve adoperare per aumentare annualmente la quota di energia da fonti rinnovabili e da fonti di calore e freddo di scarto nel teleriscaldamento/teleraffrescamento mediamente dell’1%.

I fornitori di energia dovranno dimostrare ai clienti finali la garanzia di origine dell’energia da fonti rinnovabili e la loro quota nel mix energetico di produzione.

I segnali lanciati dalla Comunità europea mostrano un’indubbia volontà di continuare la strada finora intrapresa, rafforzando gli obiettivi certamente sfidanti ma al contempo raggiungibili, se si considera il continuo sviluppo tecnologico che sta riducendo i costi d’investimento e incrementando i rendimenti di produzione. L’auspicio dunque è che la direttiva venga recepita in tempi rapidi, per aprire concretamente la strada a nuovi interventi e a innovativi mercati.

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